Flappers dancing while musicians perform during a Charleston dance contest at the Parody Club, New York City, 1926. (Credit: Hulton Archive/Getty Images)

Gli anni ‘20

Quelli tra il 1920 ed il 1930 sono comunemente definiti anche anni ruggenti (the roaring Twenties).

Quelli tra il 1920 ed il 1930 sono comunemente definiti anche anni ruggenti (the roaring Twenties). Negli Stati Uniti d’America sono gli anni dell’old jazz, del proibizionismo e degli uomini gangster; gli anni in cui ragazze disinibite affollano le sale da ballo portando capelli al garçonne che avrebbero caratterizzato le acconciature di quell’epoca, indossano gonne corte e sono le prime a godere di uno stato di parità tra i sessi sia sociale che politica grazie al diritto di voto concesso per la prima volta nel 1920.

Nel 1925 viene costruito il primo apparecchio televisivo. In Germania, a causa della crisi post-bellica, il marco si svaluta a tal punto che le banconote vengono utilizzate come combustibile. In questi anni nasce il cinema sonoro: nel 1927 The jazz singer (poteva essere diversamente?) è il primo film parlato della storia. Il 18 novembre 1928, al Colony Theatre di New York, debutta Mickey Mouse nel cortometraggio Steamboat Willie. Negli Stati Uniti l’inflazione è talmente galoppante da divenire una delle maggiori cause del disastroso crollo della Borsa di Wall Street, nel 1929.


Nuova musica e nuovi balli, tra Big Band e Charleston

Siamo alla fine della prima guerra mondiale, in un contesto pervaso da euforia e smania di divertimento; un mondo dove ballare assume un ruolo di primo piano nella vita sociale e si verifica un conseguente sviluppo dell’industria dell’intrattenimento e delle sale da ballo.

In questo contesto prende vita il Charleston, un ballo che risponde al bisogno di svago della gente e allo stesso tempo consente di vivere in maniera più libera i rapporti sociali prevedendo che il partner non sia sempre lo stesso ma cambi continuamente durante la stessa serata. Sta nascendo la social dance. Il Charleston inizia a prendere piede vertiginosamente durante la seconda metà degli anni ‘20, tanto che compagnie composte da musicisti di colore e ballerine bianche iniziano a creare e a presentare i loro spettacoli.

Parallelamente, si verifica l’espandersi del fenomeno musicale delle Big Band, le grandi orchestre jazz formate da strumenti a fiato (saxofoni, trombe, clarinetti ecc.) e supportati da pianoforte, contrabbasso, batteria e chitarra. Le più autorevoli orchestre del periodo capeggiate da elementi di spicco come Duke Ellington e Cab Calloway si esibiscono principalmente nelle sale da ballo di New York tra cui le prestigiose Cotton Club, Savoy Ballroom e Connie’s Inn. Il quartiere di Harlem diventa emblema delle Big Band e del Charleston, li dove tra le più famose sale da ballo la vita quotidiana si svolge all’insegna della miseria.

L’Europa vede arrivare il Charleston nel 1925 con la famosa canzone Yes sir! That’s my baby, conosciuta in Italia come Lola, cosa impari a scuola del Duo Fasano. In Francia i solisti Louis Douglas e Joséphine Bake, soprannominata “Venere nera”, vanno in scena al Théâtre des Champs-Elisées mentre in Inghilterra il Charleston coinvolge le persone talmente tanto da spingerle a ballare per le strade creando delle esibizioni improvvisate anche sui tetti delle auto sulle note di I’d rather Charleston.


Balli anni ‘20: il Charleston

Il Charleston è un ballo di derivazione jazzistica (che si collega con il rag time) diffusosi intorno agli anni Venti, prima in America e poi in Europa. Di andamento veloce e brillante, ha ritmo sincopato in 4/4. Senza dubbio può essere definito come il più brioso, gaio e scoppiettante ballo dell'epoca moderna. Per la sua struttura, si stacca nettamente da tutti gli altri balli, possedendo una personalità inconfondibile ed inimitabile.

Deve il suo nome alla città di Charleston, nella Carolina del Sud. Diventa popolare negli Stati Uniti nel 1923 grazie alla canzone The Charleston di James P. Johnson.

Tra i balli di derivazione jazzistica in voga in quel periodo il Charleston è il più scatenato (la Tap Dance si estende al grande pubblico solo a partire dagli anni Trenta): i movimenti che lo caratterizzano sono così frenetici e la musica d'accompagnamento così sfrenata che qualcuno malignamente arriva a definirlo "il ballo degli epilettici". La carica istintiva della musica jazz, unita all'eccentricità dei passi, deve infatti sembrare ai benpensanti, più che una liberazione dagli schemi precedenti in nome di una nuova spontaneità, una sorta di delirio collettivo. Non possono certo immaginare che il Charleston è solo il punto di partenza di un'evoluzione del ballo - o meglio, di una rivoluzione - che, nata dall'incontro con la musica afro-americana, genererà nell'arco di qualche decennio fenomeni quali il Lindy Hop, il Boogie Woogie e il Rock'n'roll.

Il Charleston infrange tutte le regole dei balli da sala di provenienza europea. Il suo passo consiste nel gettare all'esterno le gambe con le punte dei piedi rivolte all'interno cercando di mantenere le ginocchia unite. Seguono poi sgambettamenti velocissimi, contorsioni, salti, calci e tutto ciò che suggesce il ritmo fortemente sincopato e swingante della musica jazz, sottolineato dal suono di un nuovo strumento a percussione annesso alla grancassa, il charleston (costituito da due piatti di metallo posti uno sopra l'altro). Sembra che i primi a ballare una forma di Charleston siano gli scaricatori neri del porto dell'omonima città statunitense; si ispirano ai movimenti che solitamente eseguono per caricare o scaricare le merci dalle navi.

Ma è possibile che questo modo di ballare abbia origini molto più lontane: alcuni studiosi infatti ne riconducono i movimenti di base alle danze propiziatorie delle tribù africane. Sulla scia del successo riscontrato nei primi spettacoli teatrali, diversi coreografi lo inseriscono nei loro spettacoli musicali e nel giro di pochi mesi il Charleston raggiunge anche le sale da ballo, in una versione per la verità molto semplificata poiché solo i professionisti sono in grado di eseguire i salti, i lanci di gambe e le acrobazie che caratterizzano le coreografie teatrali.

Nonostante la rielaborazione dei passi ad opera degli insegnanti e l'aggiunta di figure prese dal Two-Step e dal Foxtrot, lo stile rimane invariato. I poli d'irradiazione del nuovo ballo in tutti gli Stati Uniti sono Chicago e New York, le due città dove si raccolgono i jazzisti neri provenienti da New Orleans. New York ospita i più esclusivi locali riservati alla clientela bianca. Nel cuore di Harlem, dove la vita quotidiana si svolge all'insegna della miseria più atroce, si trovano le elegantissime sale da ballo del Connie's Inn, del Savoy Ballroom e del leggendario Cotton Club.

Il 1925 è l'anno della diffusione del Charleston in Europa. La canzone Yes sir! That's my baby, che allega al disco i passi e le figure del ballo, fa il giro del mondo; la versione italiana, nota come Lola, cosa impari a scuola, scatena una tale frenesia che il Ministero della guerra vieta agli ufficiali di ballarlo perché inconciliabile con il comportamento dignitoso imposto dalla divisa.

A Parigi la “charleston mania” viene introdotta dalla “Revue Negre” di N. Sissle, in scena al Théâtre des Champs-Eliséees. Dopo l'esplosione del Charleston a Parigi è la volta dell'Inghilterra. Il riscontro con il pubblico appare travolgente: gli inglesi vengono colti da una frenesia anche maggiore dei parigini. Si balla per le strade e nelle piazze, spesso provocando ingorghi di traffico. Sono in molti a scagliarsi violentemente contro il nuovo ballo – il Daily Mail arriva persino a definirlo “una reminiscenza dei riti orgiastici dei neri” - ma sicuramente meno di quanti amava ballarlo: da un lato ci sono i soliti benpensanti che lo condannano per motivi di pubblica decenza ritenendolo volgare e degenerato; dall'altro c'è chi, avendo a cuore la salute pubblica, fisica e “mentale” dei propri concittadini, lo denuncia in quanto pericoloso per le articolazioni a causa della innaturale posizione del corpo che impone ai ballerini.

Tuttavia la tentazione di ballare il charleston deve essere così irresistibile che, tra smettere di ballarlo per motivi di salute o prendere qualche precauzione, prevale la seconda ipotesi: alcune foto dell'epoca mostrano infatti le ballerine di charleston che, sotto il classico vestitino di lamé, indossano pesanti ginocchiere da giocatori di football americano.


Balli anni ‘20: il Breakaway

Dal 1919 al 1927 il Breakaway diviene un popolarissimo ballo swing sviluppato dal Texas Tommy e dal Charleston nelle comunità afro-americane di Harlem. Il Breakaway si balla su musica jazz, spesso inizia in posizione chiusa ed il leader di tanto in tanto fa oscillare all’esterno la follow in posizione aperta, (per questo motivo viene definito “distacco”). Quando si trovavano in posizione aperta i ballerini improvvisavano con fantasia. Alcune figure prevedono che i ballerini ballino completamente staccati l’uno dall’altra, da solisti.

A George Snowden viene riconosciuto il merito di aver portato il Breakaway al mainstream dopo aver partecipato nel 1920 a New York ad una gara di ballo, anche se non è certo essere l'unico ballerino ad eseguire il passo.

Nel suo libro "Stompin 'at the Savoy", Norma Miller accredita a "Twist Mouth" George l’aver aperto la strada al Breakaway (o almeno di averlo portato sulle strade di Harlem).

Questo “distacco” rivoluziona la struttura del ballo di coppia europeo di quel tempo. Ad esempio, nella Polka un passo chiamato Coquette (Love Chase) viene descritto come "La signora fugge dal suo compagno e polka da solista, mentre l’uomo la insegue, le mani sui fianchi”. Alla fine degli anni 1920, lo spunto del Breakaway viene incorporato nel Lindy Hop, che andrà a rimpiazzarlo come social dance popolare.


Balli anni ‘20: il Two-Step

Il Two-Step è un passo che si ritrova in diversi balli, tra cui molte danze popolari, e consiste in due passi in avanti nella stessa direzione sullo stesso piede, intervallati da un passo di chiusura con il piede opposto.


Balli anni ‘20: la Tap Dance

La Tap Dance (italianizzato, tip tap) è un genere di danza in cui il ballerino “indossa” lo strumento musicale a percussione, composto da scarpe con adattamenti speciali per produrre suoni. Difatti lo scopo principale della tap dance è di "suonare" una linea ritmica, a cappella o integrata in una linea melodica.

Per rendere il suono più marcato ed udibile si usa applicare degli inserti, generalmente di alluminio, alla punta ed al tacco delle scarpe; tali inserti sono detti "claquettes" o "tap". Nella storia sono state utilizzate diverse varianti di questi inserti, da quelli di legno (di origine irlandese) a quelli di ferro, passando per la sola scarpa di cuoio (stile 'soft shoes').

Il tip-tap è creato combinando elementi di percussioni africane, e danzando con le tecniche di balli europei tipo il "clog" irlandese e lo step dancing. Il tip tap trova origine nei bassi ceti, sviluppandosi attraverso "battaglie" competitive agli angoli delle strade fra immigrati irlandesi e schiavi africani. Tra il 1700 ed il primo 1800 gli schiavi africani delle piantagioni sviluppano un tipo di danza ricollegabile al loro "juba" (danza rituale religiosa africana accompagnata da ritmiche battute di mani e suoni e tamburi): quando vengono portati in America, viene loro vietato di praticare la loro religione, ed essendo le percussioni una parte integrante dei loro rituali, sono i battiti di mani e il percuotere il pavimento con i piedi a sostituire le originarie percussioni.

Il periodo di massima fioritura si colloca tra il 1900 ed il 1955, quando la tap diventa la danza principale nel Vaudeville e a Broadway. In quegli anni anche molte orchestre includono tra i propri elementi dei ballerini di tap, tanto che la Tap Dance viene detta anche "jazz dance", perché il jazz è la base musicale su cui si esibiscono i ballerini di tap.

Con progressive modifiche, pulizia dei movimenti e creazione di passi nuovi si arriva a ciò che viene definito "american tap dance". I ballerini assumono una posizione più rilassata, elegante, e vengono integrati movimenti con le braccia e le spalle, inizialmente un po’ trascurate.

Negli anni '30, '40 e '50 i migliori artisti si spostano dal Vaudeville al cinema ed alla televisione. Grandi talenti come Bill Robinson e John Bubbles contribuiscono a definire regole e movimenti, e più tardi Hollywood rende popolare la Tap Dance nel mondo con i film di Fred Astaire, i Nicholas Brothers, Eleanor Powell Ginger Rogers, Gene Kelly o la famosa "Riccioli d'oro" Shirley Temple.

Durante gli anni ’50 lo stile del ballo cambia, e la Tap Dance perde la sua popolarità nonostante continui ad essere praticata dagli amatori del genere.

Negli anni ’60 la grande rinascita: eventi pubblici di rilievo riportano alla ribalta questo particolarissimo ballo, che improvvisamente viene considerato una forma d’arte più che di divertimento. La Tap Dance viene ripescata per film e spettacoli teatrali, portata nel mondo con concerti e musical, ripresa anche a Broadway (Black and Blue, Bring in da noise Bring in da funk, Tap Dogs) e nelle pellicole (Cotton Club, Steppin’out, Tap).

Il 25 maggio viene proclamato giornata nazionale della Tap Dance, celebrata con entusiasmo in tutti gli Stati Uniti.

 

Photo's credit Flappers dancing while musicians perform during a Charleston dance contest at the Parody Club, New York City, 1926. (Credit: Hulton Archive/Getty Images)

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